Venerdì 26 Aprile 2024 - Anno XXII

Le città messicane dell’Argento

Paesaggi assolati, cittadine che hanno “vissuto”, più di altre, la storia del Messico, sulla scia delle fortune dovute al prezioso metallo. Una Spagna d’antan, spazzata dalla rivoluzione, teatro di gesta e di personaggi incredibili

Catorce, dai “bandoleros” a Julia Roberts

Festa religiosa
Festa religiosa

Più a nord la strada, un infinito rettilineo visibile per decine di chilometri, punta dritta verso il confine con il Texas, mentre all’orizzonte si alzano catene di montagne che sembrano la quintessenza del nulla. Ma proprio la vicina Sierra de Catorce nasconde uno dei più affascinanti segreti di tutto il Messico, alla fine di un’inquietante galleria, il “Tunel Ogarrio”, due chilometri a senso unico scavati attraverso la montagna utilizzando antiche miniere. All’uscita si materializza la città fantasma di Real de Catorce, abbarbicata su un ripido canyon. Oggi, tra queste rovine invase dai cactus, è difficile pensare a Catorce come ad una città ricca e vitale, ma qui ai tempi delle miniere abitavano oltre quarantamila persone, i negozi esibivano articoli di moda importati dall’Europa e nel teatro d’opera si tenevano spettacoli di buon livello. Nel 1895 persino l’eterno dittatore Porfirio Diaz si scomodò a venire su queste montagne e il suo trionfale ingresso a cavallo a Real è ancora vivo nella memoria dei pochi abitanti.

Real de Catorce, Santuario di San Francesco d'Assisi
Real de Catorce, Santuario di San Francesco d’Assisi

La fine arrivò all’improvviso, quando con l’esaurimento delle miniere e la Rivoluzione, la città diventò il covo di “bandoleros”, i banditi che infestavano la Sierra, e su Real calò il silenzio. Da allora le poche centinaia di anime rimaste sopravvivono grazie a un’immagine miracolosa di San Francesco che richiama pellegrini da tutto il Messico. E al “pelote”, che sulle orme dei libri di Castanêda ha attirato qui per anni scoppiati e varia umanità in cerca di “viaggi”. Ora però Real sta lentamente tornando alla vita, portata alla ribalta da film come Puerto Escondido e The Mexican e ripopolata da un pugno di innamorati del silenzio ovattato, che alla sera avvolge le forme massicce e spettrali della grande chiesa. Tra le sagome nere delle montagne forse si stanno aggirando silenziosi gli indios Huicholes che vengono al vicino monte Wirikuta, dopo un pellegrinaggio di oltre quattrocento chilometri, in cerca del peyote, il cactus allucinogeno che cresce solo quassù.
Uno scenario perfetto per capire la follia di una corsa all’oro che creò immense fortune, dilapidate con la stessa velocità con cui erano state accumulate, mentre sullo sfondo della scena gli indiani massacrati e schiavizzati erano sempre lì, presenze immutabili e silenziose.

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I miti di Real de Catorce

Le città messicane dell’Argento

Nel 1963 Liz Taylor e Richard Burton, con la “Notte dell’iguana”, trasformarono per sempre un sonnolento borgo di pescatori messicano, Puerto Vallarta, in una località di fama internazionale. Qualche anno fa gli abitanti di Real de Catorce hanno sperato che “The mexican”, con Julia Roberts e Brad Pitt, trasformasse in una nuova miniera d’oro una città che aveva una sola linea telefonica.
Se la strada da “location” cinematografica a mecca turistica può essere lunga, i locali sono contenti lo stesso perché oggi Real ha molti più telefoni, pagati con cento milioni di dollari dalla produzione, una pagina web e persino una jacuzzi, richiesta dalla Roberts.
Nel frattempo gli alberghi continuano a ostentare cartelli che avvertono di non comprare “prodotti che alterano la mente”. Già, perché le montagne circostanti, un tempo generose d’oro e argento, oggi sono famose per il “pelote”, un cactus allucinogeno che occupa un posto centrale nella mitologia degli indios Huicholes, per i quali è il mezzo per vivere in un tempo sacro a contatto con gli dei. Il pellegrinaggio al vicino monte Wirikuta (la “Terra del peyote”) l’unico luogo dove lo si trova, associato simbolicamente a entità divine come il mais e il cervo, è quindi il momento centrale della loro cosmogonia. Il percorso ripercorre simbolicamente il viaggio degli antenati con tappe scandite da complessi rituali fino al Wirikuta, dove gli Huicholes raccolgono i peyotes che riporteranno alle loro comunità.

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