Lunedì 29 Aprile 2024 - Anno XXII

Le mille “statue vive” di Ercolano

Corpi vissuti nell’oblio per quasi duemila anni, resi eterni dalla stessa lava incandescente che li ha uccisi. Testimonianze di vita quotidiana svelateci come cronaca di un’epoca remota, brutalmente spazzata via dalla forza della natura

Un’area archeologica di immenso valore

Laboratorio dei resti tessili
Laboratorio dei resti tessili

Una sensazione di vitalità e di quotidianità resa ancora più forte dall’ultima sezione della mostra che proponeva cento ottanta reperti tessili, compreso un esteso frammento di canapa ritrovato nel 2007 vicino alle Terme, esposto per la prima volta al pubblico. Sacchi, sacchetti, suole di scarpe, piccoli borsellini e frammenti di tela, probabilmente quel che è rimasto di tuniche, mantelli e altri indumenti. Una collezione unica al mondo che evoca l’abbigliamento dell’epoca, fedelmente documentato negli affreschi e nelle altre opere proposte.

Una mostra, dunque, che si è rivelata quale coronamento dell’intenso lavoro sin qui svolto e insieme ideale preludio alla visita agli scavi. I primi reperti dell’antica città romana affiorarono casualmente durante alcune perforazioni eseguite agli inizi del 1700, seguite nel 1738 dalla prima campagna di ricerche voluta da re Carlo di Borbone. Quelle prime esplorazioni, rese possibili aprendo cunicoli sotterranei, consentirono di asportare opere e reperti senza svelare nulla delle costruzioni della città. La sistematica operazione di scavo a cielo aperto avvenne, più tardi, tra il 1927 e il 1958 ad opera di Amedeo Maiuri, che mise in luce la maggior parte dell’attuale parco archeologico.

Tra i legni locali, il faggio e l’abete; non più presenti

Una fontana dell'antica Ercolano
Una fontana dell’antica Ercolano

Fonti dell’epoca ci dicono che lo stesso Cicerone si sia non poco svenato per il mobilio in Tuia Tetraclinis, un legno proveniente dall’Africa settentrionale, dall’isola di Malta e dalla Spagna meridionale. “Come capita anche a noi” continua Ciarallo “i più ricchi ricorrevano a materiali esotici importati; quelli benestanti impiegavano materiali locali per la struttura dei mobili, ma usavano una impiallacciatura di materiali più pregiati”. Lo studio dei pollini presenti nel terreno, negli strati risalenti ai tempi dell’eruzione, ha permesso di determinare quali fossero i legni di produzione locale. “Abbiamo appurato che in zona esistevano una ventina di specie di alberi impiegati per la falegnameria” aggiunge la direttrice del laboratorio “tra queste il faggio e l’abete, piante che attualmente non crescono più da queste parti e ci dimostrano come il clima sia cambiato nel corso di due millenni”.

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Le vie lastricate della città sepolta
Le vie lastricate della città sepolta

La discesa lungo pareti tufacee verso il piano della città antica, mostra l’immenso volume di materiale vulcanico riversatosi quel 25 agosto di quasi duemila anni fa. Una colata che seminò morte e distruzione e che, in un paradosso della natura, ha conservato tracce e costruzioni ineluttabilmente destinate a deperire nel tempo. “Ercolano è generosissima nel riportarci una mole enorme di reperti organici. Si tratta di tessuti, papiri, legni, reperti alimentari, tavolette cerate e prodotti della terra. Tutti ricchissimi di informazioni molto preziose per ricostruire gli aspetti minori e quotidiani della civiltà romana”. A parlare è Annamaria Ciarallo, una specie di “Sherlock Holmes” dell’antichità, direttrice del Laboratorio di Ricerche applicate della Soprintendenza archeologica di Pompei. Attraverso studi biologici, botanici e medici, cerca di svelare le informazioni che ci arrivano dai reperti degli scavi e di ricostruire usi, abitudini e vita quotidiana delle città romane alle pendici del Vesuvio.

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