Lunedì 2 Dicembre 2024 - Anno XXII

Slovenia: “Svizzera slava”, con mare

Come può succedere che un (elegante) invito gastronomico, con piacevoli assaggi e gradevoli conversari, rimandi alla memoria scampoli di storia, geografia e trascorsi di vita (guerre e paci comprese). All’insegna di un ritrovato, comune equilibrio

Slovenia Pirano protesa sul Mar Adriatico
Pirano, come un sommergibile, protesa sul Mar Adriatico

Dev’essere davvero importante la Slovenia, mi chiedevo, mentre tentavo laboriosamente di fare il nodo alla cravatta. Poco aduso alle manifestazioni mondane del ‘mundillo’ turistico milanese (frequento ormai raramente Canapè & Spumantini e le mie narrazioni delle gesta della Banda della Tartina sono un lontano ricordo) stavo infatti dimenticando le modalità di installazione dell’importante accessorio dell’eleganza maschile. Se non che, nell’invito al sciccoso “Principe & Savoia”, inviatomi dalla gentile e sempre allegra Ada (dicono che noi del nord, lumbard o sloveni che si sia, ridiamo poco, tutte balle) quanto all’abbigliamento era chiaramente precisato “elegante”.

Una cucina dai sapori forti

Il formaggio Trnic
Il formaggio Trnic

Ma adesso passo alla cronaca (fornendo dati, prima enogastronomici eppoi di geopolitica e turismo) sennò va a finire che l’Ada mi sgrida. Mangiare e bere: per aperitivo il Rusovc (grappa di germogli e pigne di pino nano, liquorino deciso, 40°, forse meglio sulle nevi di Kranjska Gora. A proposito, chapeau a Tina Maze, grande sciatrice slovena, recente bi-olimpionica a Sochi).

A cena, cucina tipica di Kamnik, cittadina storica che dev’essere un bijoux, a 25 km da Lubiana. I piatti: brodo di camoscio con ravioli, gnocchi di spinaci con burro e Trnic (non so tradurlo); quindi il Rajzelic, alias trippa di vitello nella rete di maiale con sugo di vitello, panna e mela candita; per finire la torta alla crema Klostrska rezina. Vini: Pinot Grigio (chi va in Slovenia lo otterrà dicendo Sivi Pinot; precisando trattarsi di Belo Vino, vino bianco); Rubido (Rdece Vino, vino rosso), un buon uvaggio di Cabernet e Merlot.

Paese piccolo, civiltà grande

Cartina Slovenia

Sono però bastate 3 ore di full immersion nel pianeta sloveno (vabbè, 20.000 kmq, come la Puglia, ma lo urlo da una vita che piccolo è bello) per uscire dal “Principe” (oltre che con la cravatta subito slacciata) con tanti conoscimenti sulla Slovenia (posso sbagliarmi ma se l’Ada mi esamina un bel 6+ non può negarmelo). Un lembo d’Europa (che definirei una sorta di Svizzera slava, con il plus della Slovenia che può offrire pure vacanze marino adriatiche) che mi risultò sempre tanto poco noto quanto molto simpatico. Per varie motivazioni. In primis quel senso ed educazione civica insegnata dagli Absburgo nelle terre a loro soggette (e approfitto per inviare da Milano riconoscente un bel basìn alla amata imperatrice Maria Teresa).

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Eppoi a Lubiana e dintorni profuma quella cultura mitteleuropea che di riffe o di raffe costituisce il cuore del pensiero europeo. Simpatia, per la Slovenia, che mi favorì pure una gloriosa ciucca (cosa non si fa per dissetarsi). Ricordo bene, era il 25 giugno 1991 – giorno dell’indipendenza del Paese – e ritrovatomi non so più dove col direttore della Putnik di Lubiana, tour operator incoming dell’allora Jugoslavia, si pensò bene di far festa (e generoso non meno che ebbro, il mio amico arrivò financo a dedicare qualche sorso ai suoi terùn, leggasi kosovari, macedoni e compagnia cantando).

Lungo le rive dell’Isonzo

Slovenia Bled
Bled

Ed eccomi pertanto, obtorto collo ma fastosamente circondato dalla sullodata striscia di tessuto (che curiosamente deve il nome ai croati, vicini di casa degli sloveni, quindi da loro, come ovunque, non amatissimi) partecipante a una sbafante serata per scribi turistici, appunto a verificare quant’è importante la Slovenia. Perché, stranamente (giro il mondo da più di mezzo secolo) di quel Paese so poco. E una volta a tavola mi sembrava d’essere il solito anatroccolo nero mentre i miei compagni di desco parlavano di Bled, Lubiana e Kranjska Gora; come se fossero Monza e Rogoredo (con la gentile presentatrice, che, riferendosi ad alcune località, ne evitava più dettagliate descrizioni, “tanto, voi” precisava “della Slovenia sapete già tutto”.

Io, invece, no. Perché fino alla serata che sto commentando, di quel Paese ex Jugoslavia nordoccidentale, non sapevo molto, astrazion facendo da: Kobarid-Caporetto (per via della mia grande aficiòn alla storia, e mi riferisco alla nota rotta imposta da Rommel al nostrano Regio Esercito, ottobre 1917); Stanjel (in ‘sto caso aficiòn alla gastronomia, prosciutto di San Daniele); e i vinicoli colli del Brda, a due passi da Cormòns-Krmin, esondanti magnifico Rebula-Ribolla, ambrato nettare che in Slovenia costava assai meno (a fronte delle tante lire – lamentavo col mio amico cormonese Bruno Pizzul – che ti toccava pagare in Italia).

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Sempre più turisti attratti dalla bella Emona

Slovenia Il centro storico di Lubiana
Il centro storico di Lubiana

Nel 2013 il turismo in Slovenia è andato bene (ma anche nel resto del mondo c’è stata ripresa, sfiga solo in Italia, e vabbè, con certi ministri, meno male adesso ex…) con 2.265,000 arrivi di cui 400.000 italiani (in aumento). Nel 2014 due anniversari: un secolo dalla Prima Guerra Mondiale (l’Italia entrò un anno dopo ma fece in tempo a prendere la paga a Caporetto, vedi sopra); e il bimillenario della fondazione di Emona, oggidì Lubiana (che, se non per far contenti i romani, va vista per gli edifici nell’elegante stile Secession, che sarebbe poi la Belle Epoque franzosa). E bravi gli sloveni.

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